Quel pomeriggio d’autunno mi trovavo fuori città per lavoro. Guardavo l’orologio e pensavo che non sarei mai arrivato in orario per l’aperitivo che aveva organizzato un amico a casa sua con tutti gli altri del gruppo per il suo compleanno. Presi il telefono ed avvisai del probabile ritardo nella chat dove c’eravamo. Subito iniziò il fuoco incrociato di messaggi:
“Sempre il solito ritardatario”
“Colpa di una donna?”
Una serie di messaggi simili intasò la chat per qualche minuto. Risposi con un semplice: ” Lavoro, niente donne stavolta” e misi il telefono sul sedile dell’auto prima di partire per prendere l’autostrada e tornare a casa.
Imboccata l’autostrada mi misi in terza corsia sempre dando un occhio all’orologio e con la speranza di arrivare con il minimo ritardo.
Parcheggiai la macchina sotto casa sua e suonai. Dalla porta di casa spuntò sua madre che mi aprì il cancelletto del giardino e mi invitò ad entrare.
Non l’avevo mai conosciuta. L’avevo vista qualche volta in macchina rientrare a casa e parcheggiare in garage quando capitava che fossimo lì sotto casa sua a chiacchierare.
Il viso lo conoscevo bene, ma mai l’avevo vista a figura intera.
Finché percorrevo il vialetto che porta all’ingresso, man mano la vedevo sempre meglio e mi accorsi subito che era una donna davvero giovanile e con un gran fisico. Mi accolse con un gran sorriso, ma io ero attratto da quei jeans skinny azzurro chiari che le modellavano le gambe.
Salutai scusandomi del ritardo e chiedendo dove potevo lasciare la giacca che mi stavo togliendo. Fissandomi mi disse di lasciare tutto a lei che l’avrebbe appesa e di andare visto che ero già in ritardo. Mi indicò una porta vicino alle scale e mi disse: “Sono giù in taverna, vai che ti aspettano”
Incamminandomi verso la porta risposi: “Grazie Signora”
“Se mi chiami ancora signora non ti rivolgo più la parola” mi ammonì subito lei.
“Sono Paola e non sono così vecchia” continuò.
Preso dall’imbarazzo balbettai : “Grazie Paola allora”. Poi aprendo la porta mi girai verso di lei e squadrandola da testa a piedi con un sorrisetto e spavalderia le dissi: “Beh, che non è vecchia direi che si vede bene…” sapevo fosse divorziata e che avrebbe apprezzato un complimento così diretto ed inaspettato. Magari recuperavo la situazione.
Sorrise e con tono divertito mi disse: “Vai, Vai”
Scesi in taverna e dopo i soliti rimproveri ed i saluti di rito mi sedetti al tavolo a festeggiare con i ragazzi spiegando che arrivavo da una degustazione in cantina di un possibile fornitore e che non avrei esagerato quella sera.
La serata trascorreva tranquilla tra una chiacchera ed una risata, finché le caraffe di spritz e cocktail furono vuote. Visto che ero l’ultimo arrivato fui “gentilmente” invitato a fare le scale e ad andare a fare il pieno in cucina. Salito al piano superiore vidi Paola sul divano guardare la tv assorta. Mi infilai in cucina dove sul tavolo c’era tutto l’occorrente per riempire le caraffe. Mancava solo il ghiaccio e mi affacciai sulla porta della cucina e chiesi: “Scusi, Paola, posso prendere il ghiaccio dal freezer?”
Mise in pausa la tv e si alzò velocemente: “Certo. È nel secondo cassetto. L’ho comprato stamattina spero vi basti” mi disse arrivando fin sulla porta e fermandosi appoggiando una spalla al muro.
Dopo qualche secondo di silenzio dove sentivo il suo sguardo controllare ciò che facevo: “Hai preso tante parole per il ritardo?”
“Il giusto” risposi sorridendo ed aprendo la busta del ghiaccio.
Iniziai a versare il ghiaccio nelle caraffe ma un paio di cubetti caddero sul tavolo ed uno scivolando cadde a terra.
“Scusa” dissi timidamente e mi bloccai vedendo lei piegarsi a raccoglierlo in modo tutt’altro che pudico. Mi ritrovai attonito con lei piegata a pochi metri da me con quel suo bel culo ben in mostra. Quando si rimise in piedi per buttare il cubetto nel lavandino si accorse che ero rimasto pietrificato a godermi lo spettacolo.
Ebbi un sussulto e ritornai a preparare le caraffe, rosso in volto ed imbarazzato, in quel momento di silenzio assoluto.
“Quanti anni hai?” interruppe lei.
“31” dissi senza neanche guardarla per la vergogna.
“31… dalle foto che vedo di mio figlio sui social con te, te ne davo di meno.”
“Grazie, tra un po’ sono 32 comunque. Quanti anni mi dava?”
“Ti ho detto di non chiamarmi signora, questo implica anche che non mi devi dare del lei!” rispose stizzita tornando verso il divano.
“Scusami” risposi con un filo di voce.
Finite le caraffe andai velocemente verso la porta della taverna senza proferire parola.
Una volta sceso ripresi a ridere e scherzare come nulla fosse successo e cercando anzi di dimenticare l’imbarazzo provato.
La serata procedeva tranquilla.
Ad un tratto la porta sopra le scale si aprì: ” Sono arrivate le pizze!”
Il mio amico salì per ritirarle. Poi mi sentii chiamare: “Sali a darmi una mano”
Arrivato, lo vidi con la pila di pizze in mano e mi disse: “Fatti dare da mia madre forchette e coltelli ed il rotolo di carta per i tovaglioli, non ti lasciamo senza lavorare.”
Mi diressi in cucina dove Paola stava già preparando tutto il necessario.
“Senza lavorare?” mi disse con fare interrogativo
“Eh sì, lavoro in un ristorante.”
“In quale?” continuò
Le dissi il nome del ristorante e lei sorridendo: “Lo conosco, non sono mai venuta a mangiare, ma me ne hanno parlato bene.”
“Ti aspetto allora per provare” dissi con fare sicuro ed un sorrisino
“Certo. Mi servi tu?”
“Dipende”
“Dipende da cosa?”
Rimasi un secondo in silenzio sorridendo e guardandola e appena colsi in lei l’espressione di chi coglie la provocazione maliziosa risposi prontamente: “Dipende se ti mettono nella sala dove faccio servizio io o no.”
“Chiederò di te” rispose sorridendo maliziosamente.
Presi forchette, coltelli e rotolo di carta e mi diressi verso la taverna. Prima di imboccare la porta mi girai verso di lei che andando verso il divano si era girata a sua volta a guardarmi e la vidi sorridere scuotendo la testa. Si sedette ed io iniziai a scendere le scale.
Pensai: “E’ la mamma di un mio amico, non posso far così!”
Mangiammo e bevemmo ma iniziava a farsi tardi ed io salutando tutti dissi che sarei andato a casa perché ero davvero stanco e l’indomani mattina avrei lavorato.
Paola mi portò la giacca che le avevo lasciato quando ero arrivato e porgendomela mi disse: “Se devo prenotare un tavolo devo chiamare il locale o lo posso prenotare a te?”
“Puoi dire a me senza problemi. Poi lo segno in agenda, ti lascio il mio numero.”
Andò sul divano prese il telefono: “Vai dimmi”
Le dettai il numero ed infilandomi la giacca ringraziai per la serata. Uscito sul vialetto mi sforzai di non girarmi almeno fino al cancello. Sentivo una sensazione strana, a metà tra l’eccitamento e la vergogna.
Qualche giorno più tardi arrivò il fatidico messaggio. Vidi la notifica di un numero sconosciuto su whatsapp.
“Ciao sono Paola, mi riserveresti un tavolo per stasera che vengo con un’amica a mangiare?”
“Certo, a che ora?” Risposi
“Alle 20” scrisse subito lei.
Quella sera si presentò con un vestitino nero a tubino che con il suo fisico avrebbe fatto invidia ad una ventenne. La sua amica era anche carina ma affianco a lei sembrava davvero poca cosa.
Mi ero raccomandato che venisse seduta nella mia sala e così fu. La cena andò liscia e senza alcun tipo di problema. Ogni tanto notavo il suo sguardo cercarmi nella stanza e ricambiavo felicemente quelle attenzioni.
A fine cena dopo essersi congratulata per come aveva mangiato e per il servizio, al momento dei saluti, mi fece un sorrisino malizioso e mi disse: “Niente mancia, quella non te la sei guadagnata”
“Mai una gioia!” Risposi sorridendo, ma intuendo che quello poteva essere un flirt.
Tornai a lavorare ed al primo momento di tranquillità, presi in telefono e le scrissi un messaggio: “E’ stato un piacere servirti. La prossima volta vedrò di far meglio e guadagnarmi la mancia”
Da lì a poco arrivò la sua risposta: “Vuoi la mancia? Offrimi da bere”
Rimasi pietrificato. Ero talmente spiazzato da quella risposta che rimisi il telefono in tasca senza neanche rispondere.
Guardavo il messaggio e pensavo al fatto che comunque conoscevo suo figlio e non sapevo quanti anni avesse lei. Ma se da un lato la morale mi bloccava, dall’altro l’eccitazione di flirtare con una donna ben più grande mi spingeva a risponderle ed accettare la sua provocazione. Ruppi gli indugi e le risposi: “Dimmi dove e quando posso offrirti da bere e lo farò”
La sua risposta arrivò il giorno successivo: “Quand’è che hai il giorno di riposo?” mi scrisse lei.
“Giovedì” Le risposi subito.
“Giovedì sera alle 19 passa a prendermi allora” rispose senza mezzi termini.
Ero un po’ intimorito da quella situazione che francamente mi stava sfuggendo di mano. Ma ormai l’eccitazione della situazione aveva preso il sopravvento sulla razionalità.
Arrivò il giovedì sera e puntuale mi feci trovare sotto casa sua. Salì in macchina con un gran sorriso.
“Dove andiamo?” le dissi
Mi portò in un pub in provincia dove aveva già prenotato un tavolo. Fu una serata inaspettatamente complice. Parlammo di tante cose senza risparmiarci qualche doppio senso o qualche battutina maliziosa. Scoprii che aveva 43 anni. C’era un feeling incredibile.
Arrivati a fine serata mi diressi alla cassa per pagare, mi si avvicinò e mi disse: “Che fai?”
“Pago” risposi diretto e quasi sorpreso
“Mi devi offrire da bere non pagare la cena” mi disse lei con tono diretto
“Abbiamo più bevuto che mangiato e poi non è ancora nata una donna che paga quando esce con me” ribattei sicuro.
Rimase spiazzata da quella frase e senza parole per ribattere. Annuì e mi lasciò pagare il conto.
Saliti in macchina per rientrare si chiacchierava e scherzava, finché d’improvviso lei si girò verso di me, portando una gamba sul sedile, e mi disse: “Hai pagato il bere ed il mangiare, non erano gli accordi. La mancia era solo per il bere” fece con tono serio.
“Mai una gioia! Vorrà dire che non avrò la mancia neanche la prossima volta che verrai a mangiare da me.” Le risposi facendo il finto ingenuo.
Mi guardò divertita, allungò la mano prima sulla mia gamba, poi sulla patta dei miei pantaloni e con tono dolce e malizioso: “Beviamo l’ultimo a casa mia prima di andare a dormire?”
Guardai la sua mano e i suoi occhi che tradivano una certa lussuria.
“Volentieri” risposi tornando a guardare la strada
Si risedette sorridente lasciando la mano però sulla mia patta che pian piano aumentava di volume.
Arrivati a casa, appena entrati dalla porta, mentre ci toglievamo le giacche, ci fissavamo negli occhi entrambi in preda ad una evidente eccitazione. Lei si avvicinò ed iniziammo a baciarci con passione e trasporto. Eravamo avvinghiati l’un l’altro e le mani che correvano frenetiche sui nostri corpi. Poi lei le infilò sotto il mio maglione ed iniziò a spogliarmi senza smettere di baciarmi. Finimmo sdraiati sul divano e lei salì a calcioni su di me. Le sfilai il maglioncino e la canotta lasciandola solo con uno splendido reggiseno blu che le cingeva il petto.
Lei riprese a baciarmi con vigore mentre con le mani iniziò a sbottonare la cintura ed i pantaloni.
“Rimane il nostro segreto?” mi disse interrompendo di colpo quel bacio passionale ed ergendosi seduta con uno sguardo colmo di lussuria e con le mani sui miei pantaloni aperti.
“Ovvio” risposi in preda all’eccitazione.
Si alzò leggermente e mi sfilò i pantaloni portandoli sotto le ginocchia con foga. Tornò a baciarmi e fissarmi negli occhi e senza togliere lo sguardo iniziò a scendere baciandomi prima sul collo, poi sul petto, poi sulla pancia ed infine sull’inguine.
La guardavo, quasi supplicandola di continuare con la mia erezione proprio a pochi centimetri dalla sua bocca.
Mi sorrise, lo prese in mano e dopo averlo accarezzato, senza mai togliere lo sguardo lo prese in bocca avidamente.
Iniziò a succhiarlo con foga aiutandosi con la mano. Lo impugnava saldamente e faceva scivolare la sua calda bocca lungo tutta la lunghezza del mio cazzo. Smise di guardarmi e si concentrò nel darmi piacere con quel pompino. Era evidente come adorasse farlo e con quale maestria lo facesse.
Dopo qualche minuto a godermi il momento, la riportai a me baciandola con passione. Poi la sollevai e la feci sdraiare sul divano. Nel frattempo mi sfilai con i piedi le scarpe e le slacciai con una mano il reggiseno.
Il suo sguardo bramava il mio cazzo, ma ora era il momento che io mi dedicassi a lei.
Le sbottonai i pantaloni e le sfilai il reggiseno. Mi inginocchiai al suo fianco e baciandola infilai la mia mano nei suoi pantaloni e sotto l’elastico del suo intimo. Sentivo la sua pelle morbidissima scorrere sotto le mie dita ed appena oltrepassato il monte di venere sentii il suo calore avvolgere le mie dita. Mi fermai a massaggiarle il clitoride e ad ogni mio tocco il suo corpo vibrava e il suo bacio si faceva sempre più passionale. Mi mise una mano dietro alla nuca ed iniziò a spingermi sempre più verso la sua bocca.
Scesi con un dito lungo le sue grandi labbra che ormai erano una cascata di umori caldi e densi. Infilai appena la punta del dito per raccogliere quanti più umori possibili e li portai sul suo clitoride usandoli come lubrificante per i miei tocchi.
Smise di baciarmi mi tirò a lei ed iniziò ad ansimare a fianco al mio orecchio quasi volesse sussurrarmi ogni gemito ed ogni gridolino di godimento che le mie dita le stavano donando.
Ad un tratto, sempre tenendomi stretto a lei, con un filo di voce spezzato da respiri sempre affannosi, mi sussurrò all’orecchio: “Non fermarti…”
Da lì a poco esplose in un orgasmo potente. Le sue gambe si stringevano mentre i suoi gemiti diventavano sempre più profondi. Dopo diverse contrazioni il suo corpo tornò e rilassarsi ed un sospiro accompagnato da una risatina sostituiva i gemiti che fino a poco prima riempivano la stanza.
Tornò a baciarmi con meno foga ma più delicatezza ad occhi chiusi e con l’espressione di chi è in pace assoluta.
Sfilai la mano dei suoi slip e delicatamente le tolsi i jeans. Quando mi avvicinai per togliere l’intimo ebbe un sussulto, si rimise seduta sul divano sorridente e mi disse: “Andiamo in camera che siamo più comodi”. Mi prese per mano e mi tirò verso le scale. La seguii obbediente. Avevo davanti a me quel perizoma blu, in tinta con il reggiseno, che si tuffava tra quelle natiche sode e tonde. Era una visione celestiale e dentro di me pensai che tante ventenni avrebbero avuto invidia per un fisico così.
Arrivati in camera iniziammo a baciarci di nuovo lasciandoci cadere pesantemente sul letto. Con la mano iniziai a sfilarle il perizoma e lei collaborava inarcando la schiena.
“Tu mi fai impazzire.” disse in preda all’eccitazione
Poi si mise a carponi sul letto e con sguardo bramoso si girò verso di me invitandomi a fare di lei ciò che volevo.
Non me lo feci ripetere due volte. Salii sul letto in ginocchio e prendendola dai fianchi appoggiai la punta del mio cazzo su quella figa bagnatissima ed iniziai a possederla. Alla prima penetrazione un urlo di godimento uscì forte dalla sua gola. Abbandonò le braccia sul letto sopra la sua testa e con la faccia sui cuscini rantolava e gemeva ad ogni mio affondo. Ad un tratto la vidi allungare le mani verso il comodino ed una volta aperto il cassetto, frugare all’interno. Prese un tubetto di lubrificante e dopo averlo aperto e spremuto sulle dita con una mano si teneva aperta il culo, con l’altra spalmava e si preparava.
Quella visione quasi mi portò all’orgasmo. Dovetti fermarmi dal possederla per evitare di venire.
“Fammelo sentire nel culo” mi ordinò perentoriamente.
Tenevo il mio cazzo in mano quasi incredulo. Con la paura di arrivare subito all’orgasmo appoggiai la mia cappella su quel buchino stretto mentre lei con le mani si allargava le natiche. Scivolai dentro con pochissima resistenza, tanto era il lubrificante che si era spalmata. Un fortissimo gemito di godimento accompagnò la mia penetrazione, seguito da rantoli di approvazione ed inviti ad essere più audace.
Era talmente eccitata e mentalmente presa che dopo pochissime spinte ebbe un orgasmo potentissimo. Potevo sentire il suo culo contrarsi ritmicamente attorno al mio cazzo. Mi fermai nuovamente per evitare di seguire lei con il mio orgasmo.
Mentre lei gemeva e godeva mi chinai su di lei e vidi nel cassetto spuntare delle forme conosciute. Mi sfilai da lei che si abbandonò esausta e decisamente soddisfatta sul letto ed aprii ulteriormente quel cassetto.
Rimasi esterrefatto. Nel cassetto c’erano dildo e vibratori di varie misure, plug anali, profilattici sparsi e un paio di manette con il pelo.
“E questi???” dissi sorpreso.
“Mi credevi una santa?” rispose lei vaneggiando ancora in preda all’orgasmo.
“Bhe no, ma neanche così” risposi mentre valutavo i vari oggi nel cassetto.
Lei era sdraiata esanime sul letto. Presi le manette e prendendole un polso le misi la prima manetta, poi mi spostai dall’altro lato e le presi l’altro polso.
“Oh cazzo… sì” esclamò lei.
La ammanettai che le mani dietro la schiena e lei non fece nessuna resistenza. Presi un dildo marrone e venoso di discrete dimensioni e recuperai tra le coperte il lubrificante. Lei osservava eccitata ma non proferiva parola. Dopo aver lubrificato per bene il dildo, lo appoggiai tra le sue natiche ed iniziai a farlo scivolare. Lei inarcò subito la schiena quasi a volermi facilitare il compito. Il suo culetto era già lubrificato ed aperto perciò il dildo entrò senza difficoltà. La vidi aprire la bocca quasi a voler urlare il suo godimento.
Avvicinai subito il mio cazzo a lei che si trascinò fuori dal cuscino per succhiarlo. La scopavo col dildo nel culo, ammanettata, mentre lei mi succhiava il cazzo, era un sogno!
Volevo possederla ancora, sentivo la mia cappella gonfia e pronta ad esplodere da un momento all’altro. La fermai, tornai in ginocchio sul letto la presi e la sollevai dai fianchi. Spinsi tutto il dildo dentro il suo culo e la sentii gemere. La penetrai delicatamente un centimetro alla volta. Con una mano le tenevo un fianco, con l’altra tenevo il dildo nel culo.
Una volta penetrata fino in fondo iniziai a ritmare il mio cazzo con il dildo, in una doppia penetrazione.
Riuscii a farlo per qualche minuto poi l’orgasmo si impadronì della mia mente e del mio corpo. Lei se ne accorse subito ed appena mi sfilai per terminare l’opera con la mano si fece scivolare in ginocchio ai piedi del letto e mi invitò a venirle in faccia aprendo la bocca.
Ci volle un secondo poi un primo getto caldo ed abbondante le cadde sul viso seguito da altri via via sempre meno abbondanti. Fu uno degli orgasmi più belli della mia vita.
Lei mi guardava soddisfatta mentre lo sperma le colava da tutte le parti sul viso.
“Oh mio dio… sei qualcosa di incredibile!” le dissi col fiatone.
Dopo quella sera ci siamo frequentati clandestinamente per oltre un anno. Non posso dire che fossimo solo degli scopamici. Tra noi c’era un feeling particolare, diverso. Ci donavamo l’un l’altro senza remore ma con la gioia di intrecciare i nostri corpi e le nostre anime.