Aveva perso l’aereo di ritorno, vagava sola per la città e non le dispiaceva. Viaggiare da sola era uno di quei lussi che non si era mai permessa ma che l’aveva sempre intrigata, ora si godeva il suo momento. Il sole stava tramontando dietro ai castelli di Praga quando entrò in un locale. Si sedette al bancone e ordinò un calice di vino, non sarebbe stato buono quanto un vino italiano, ma era sempre meglio di niente. Tirò fuori un libro dalla borsa e si immerse nella lettura. Poco dopo si sentì toccare il braccio, un uomo le stava porgendo la sua borsa “ti è caduta questa” la sua voce profonda le fece mancare il respiro, aveva una camicia bianca e lo sguardo di chi sa più di quel che dice, era più grande di lei ma non sapeva dire di quanto. Lo ringraziò e si appoggiò la borsa sulle gambe. L’uomo era seduto dietro di lei intento a guardare fuori dalla finestra del pub. Si girò verso di lui e vide che stava bevendo una birra da solo, ci pensò un secondo prima di alzarsi, poi decise che non aveva nulla da perdere. Chiuse il libro e si avvicinò al suo tavolo. Con un gesto gli chiese se poteva sedersi e lui con la mano la invitò a farlo. Era italiano, venuto a trovare alcuni amici, fidanzato, quando sorrideva gli si formavano delle
piccole rughe intorno agli occhi che erano molto sexy; lei sposata, in viaggio con due amiche che aveva perso lungo la strada del ritorno, credeva che la vita fosse troppo breve per non godersela. Entrambi sarebbero ripartiti la sera dopo.
Parlarono il tempo di farsi un altro drink e quando la notte iniziò a scendere decisero di andare a mangiare da qualche parte. Scoprirono che parlare tra loro era estremamente semplice, nonostante non sapessero nulla l’una dell’altro. Dopo cena passeggiarono lungo il fiume, lui raccontava aneddoti della città che lei non conosceva, lei citava frasi di libri che lui non aveva letto.
Si ritrovarono in un locale sotterraneo a ballare, bere shots e probabilmente erano troppo vecchi per quelle stronzate ma a loro non importava.
Quando uscirono dal locale decisero di andare a fare un giro al casinò dall’altra parte della strada, volevano vedere se il destino aveva in serbo per loro ancora una carta vincente da giocare, vinsero e persero tutto quello che avevano vinto. Uscirono e andarono in cerca di qualcosa da fare, a Praga non era certo difficile trovarlo, si imbucarono ad una festa su una barca e si divertirono tutta la notte come due che si conoscevano da una vita.
Erano le 4 del mattino quando tornarono in hotel e collassarono. Molte ore dopo, mentre la luce del giorno si insinuava dalla finestra, si svegliarono con la testa dolorante e il corpo a pezzi, quando capirono di essere svegli entrambi, senza dire una parola lui allungò una mano verso di lei, che indossava solo le mutande.
Le infilò due dita dentro e iniziò a toccarla per farla bagnare mentre lei era girata dall’altra parte, non ci volle molto, sentì il suo respiro farsi sempre più veloce, si abbassò le mutande e la penetrò da dietro mentre lei nascondeva la testa nel cuscino. Si muovevano in perfetta armonia e raggiunsero l’apice insieme mentre lui stringeva il suo seno tra le mani. Le baciò una spalla “continua a dormire vado a farmi una doccia”. Si risvegliò colta da un senso di nausea, aprì gli occhi e vide che lui stava dormendo con un braccio appoggiato sugli occhi. Si alzò e andò in bagno a riprendersi. Accese il bollitore che era in camera e preparò due orribili caffè solubili, uno dei quali buttò giù tutto d’un fiato. Si sedette sul letto, il torace si abbassava e si alzava al ritmo del sonno. Scostò il lenzuolo, era nudo, prese il suo cazzo in mano e iniziò a segarlo per svegliarlo con calma. Lui si mosse appena, aprì piano gli occhi e accennò a un sorriso poi tornò a coprirsi gli occhi con il braccio. Stava diventando duro, allora lo prese in bocca e iniziò a leccarlo piano, gli piaceva il sapore e il modo in cui diventava duro sotto la sua lingua. Lui le accarezzò i capelli, sospirando. Iniziò a scoparlo con la bocca, su e giù, prima piano e poi sempre più veloce, quando lei tornava su per leccargli la punta lui la spingeva giù per farglielo prendere tutto, fino a che non le esplose in gola, lei ingoiò ogni goccia del suo seme e lo guardò “ti ho preparato il caffè.” Il tempo sembrava si fosse dilatato e allo stesso tempo corresse inesorabile, era primo pomeriggio quando si salutarono. Lui uscì dalla stanza e lei con la testa ancora dolorante si ributtò sul letto decisa a riposare un altro paio d’ore. Bussarono alla porta, era di nuovo lui. La baciò con passione e la fece sedere sul ciglio del letto, lui si inginocchiò e lei sorrise mentre le apriva le gambe e ci tuffava dentro la faccia, leccandole fuori e dentro la fica e baciandole le cosce, si bagnò in un attimo ma non voleva venire così, voleva sentirlo ancora dentro. Lo fece alzare e sedere al suo posto, si mise sopra di lui e lo scopò con movimenti lenti e decisi, la
sua fica colava mentre lui diventava sempre più duro dentro di lei. Lei godeva e si mordeva il labbro cercando di non emettere alcun suono, lui le stringeva il collo, ansimando. Quando furono vicini all’apice lui le intimò di non venire, le ordinò di alzarsi e di mettersi in ginocchio sul letto, con la schiena abbassata e il culo in su, la prese così mentre lui in piedi la scopava da dietro tenendole le mani dietro la schiena fino a che non resistettero più a un forte e copioso orgasmo.
“Ora vado davvero” disse, e sparì.
Più tardi quel giorno lo scorse da lontano in aeroporto ma non andò a salutarlo perché in fondo sapeva che le cose sono belle solo quando sai che finiscono.